Storia

Sole, mare e divertimento? Non solo. Ponza, Palmarola, Ventotene, Zannone e Santo Stefano sono luoghi di grande fascino naturalistico e storico culturale. In qualunque stagione l’arcipelago offre uno spettacolo di odori, forme, sapori e colori che non annoia mai il turista curioso di esplorarli. I paesi con vicoli e case color pastello conservano l’aspetto del XVIII Secolo, quando furono ideati dai Borboni, diversamente da molte località marine del continente che negli Anni Sessanta furono massificate dal turismo. Si ha così un paesaggio particolare, quasi unico, almeno a queste latutudini.

La più famosa tra le isole dell’arcipelago, Ponza, offre fin dall’approdo uno spettacolo speciale agli occhi del visitatore. Nascosto in un’insenatura, il porto è un’esplosione di colori e di storia. Qui sorgeva l’antico scalo romano, iniziato nel 313 a.C, ma ciò che appare oggi ha una chiara traccia settecentesca. Rimodellato da Antonio Winspeare, per ordine dei sovrani di Napoli nel 1732 e nuovamente nel 1772, il porto conserva ancora il fascino descritto da diversi poeti che approdarono sull’isola nei secoli scorsi. Rivolgendo il primo sguardo al porto si intravede il molo Musco, con una lanterna ottagonale rosso mattone e protetto da un basso muro verso la rada. Lungo la banchina, oggi sede della caserma dei carabinieri e dell’Ufficio Locale Marittimo, sorgevano i grandi magazzini per il commercio locale. Poco più in alto, la piazza Carlo Pisacane, nascosta da tendoni di bar e ristoranti, è sede del palazzo del Comune, antica sede degli uffici governativi settecenteschi. Al lati del portone, due lapidi ricordano il passato penitenziario dell’isola; una è dedicata a Luigi Verneau, martire ponzese, impiccato nel 1799 per aver cercato di fomentare i suoi concittadini contro i Borboni; l’altra è dedicata ai deportati sull’isola dopo i moti del 1848. Sulla sinistra del palazzo (guardando il mare), via Roma ospita nei locali dell’acquedotto, recentemente ristrutturato, il Museo della storia locale (dal 2001 in allestimento). Lungo la salita di via Chiesa si incontra il principale edificio sacro dell’isola, la Chiesa della Trinità, San Silverio e Santa Domitilla. Costruita in stile barocco da Winspeare, la chiesa fu consacrata nel 1738, esentando così i coloni, inviati a ripopolare l’isola dalla Campania, dal doversi recare a Terracina per battesimi e matrimoni. Nel corso dei secoli la parrocchia ha subito notevoli modifiche, tra cui l’ultima nel 1940. All’interno è conservata una statua di San Silverio, mentre gli affreschi si ispirano a capolavori michelangioleschi e agli ex voto di origine marinara, dovuti alle frequenti navigazioni dei pescatori ponzesi. A progettare uno degli aspetti più caratteristici del porto, il grande arco di costruzione che chiude la rada verso terra, fu Francesco Carpi, lo stesso architetto che alla fine del XVIII Secolo costruì il carcere di Santo Stefano, presso Ventotene. La struttura è simile a quelle degli antichi porti romani. Alle spalle di questa costruzione, piccole vie con archi in miniatura, vicoli fioriti e case di colore tenue si snodano come una sorta di labirinto sulla collina, rendendo ancor più caratteristico il primo approccio con questa terra.

Una strada in salita, a monte della Chiesa della Trinità, conduce alla sommità di Punta della Madonna. L’eccezionale panorama non deve però distoglierci dai monumenti storici, senz’altro meritevoli di una visita. Le mura ciclopiche, riconoscibili nella scarpata della via, risalgono all’epoca dei Volsci come testimonia lo storico romano Tito Livio. La torre dei Borboni domina l’accesso al porto. Edificata nel XVI Secolo per volere di Sisto IV, per difendere l’isola dai frequenti attacchi dei barbareschi, ricalca la forma d’epoca romana. Nel XVIII Secolo la torre fu ristrutturata e ingrandita per ospitare una guarnigione militare, oggi è un albergo, chiamato appunto La Torre dei Borboni. Sempre su questa strada il Cimitero di Ponza, di origine settecentesca, si sviluppa attorno alla cappella del Purgatorio. I colori tenui degli edifici si intravedono dal porto. Viste dal mare, le cappelle e le tombe appaiono come delle splendide residenze: senz’altro uno dei cimiteri più spettacolari e affascinanti dei mari italiani, tanto che, qualche anno fa, alcuni buontemponi dell’isola riuscirono a spacciare tali "residenze" per un residence turistico, almeno per un po’ visto che lo scherzo non poteva certo reggere la prova dell’eternità.

Spostandoci in varie parti dell’isola, diversi sono i monumenti da visitare. Il convento di Santa Maria è tra i più interessanti. Fondato nel VI Secolo fu distrutto per poi essere ricostruito nel 1734 durante la prima ondata di colonizzazione borbonica. Sempre in questa zona è visitabile la chiesa di San Giuseppe, costruita nel 1828 e consacrata nel 1895. All’interno affreschi di tipo marino e lapidi in onore di ponzesi in America che hanno contribuito alla manutenzione della chiesa. Questa zona è ricordata negli archivi storici poiché Benito Mussolini vi trascorse da prigioniero un breve periodo, prima di essere trasferito alla Maddalena e quindi al Gran Sasso, dopo il 25 luglio 1943. Nella parte nord dell’isola vi è il Campo Inglese, nome che ricorda l’accampamento delle truppe di Lord Bentinck dopo la conquista di Ponza avvenuta nel 1816.

Verso occidente, sulla Punta Papa, si trovano i ruderi di Forte Papa, la fortezza voluta da Alessandro Farnese, Papa nel 1534 con il nome di Paolo III (quanto mai attivo, visto che fu lui a scomunicare Enrico VIII, a introdurre l’Inquisizione e a indire il Concilio di Trento), con lo scopo di controllare il braccio di mare che separa Ponza da Palmarola. Oggi tutta la zona è completamente abbandonata, ma il panorama che offre è unico. Di fianco al forte l'ex miniera di caolino le cui opere a mare arrivano a Cala dell’Acqua. Ponza è anche un museo aperto di lavoro umano, con le alture interamente terrazzate nei secoli, così come a Palmarola, dai contadini provenienti dal casertano. I pescatori, per lo più di provenienza ischitana, e i pescatori di corallo, questi provenienti da Torre del Greco, invece faticavano non poco sul mare. L’audacia e la resistenza dei ponzesi era famosa tra tutte le popolazioni costiere del Tirreno, dalla Sardegna, all’Elba e alla Costa Azzurra. Ponzesi erano i pescatori che andavano a raccogliere le aragoste allo Scoglio d’Africa, a ovest dell’isola di Montecristo (Arcipelago Toscano), ponzesi erano quelli che si spingevano - rigorosamente a vela - fino in Francia per vendere i preziosi crostacei. Ponzesi sono ancora i pescatori che oggi pescano (circa 300 gli addetti residui del settore) principalmente su paranze o con lampare.

Più a sud, anche Ventotene ruota attorno al suo porto. Il porto romano scavato nel tufo, ma anche i resti di Villa Giulia e le cisterne romane sono i monumenti che ogni visitatore dell’isola, anche il più distratto, inevitabilmente finisce per notare.

Fu sempre Antonio Winspeare, nel 1770, a realizzare i lavori per l’edificazione di un nuovo centro abitato a Ventotene, cercando di non intaccare ciò che il vento e le onde avevano risparmiato dell’antico insediamento romano. Nata per essere una residenza estiva per l’Imperatore nel I Secolo d.C., Villa Giulia si trasformò presto in un luogo d’esilio per i componenti della famiglia imperiale. La Villa è infatti chiamata Giulia poiché fu luogo di confino della figlia dell’Imperatore Augusto. La villa copriva l’intera zona di Punta Eolo con dimensioni di 300x100 m, anche se la misura è leggermente in difetto. La struttura è stata costruita secondo i canoni di Vitruvio, architetto romano del I Secolo a.C. Tutta la zona è divisibile in tre parti: il settore meridionale comprende l'area tra il cimitero e la Cala Rossano (l’attuale porto nuovo) che era luogo di approdo per le navi che scaricavano merci e ospiti alla villa. Tale zona costituiva anche un settore abitativo in connessione con i "servizi" della villa, come cucine e cisterne. Un settore centrale, adibito ad area maneggio e giardino, divideva questa parte con la zona residenziale. Resti di scalinate, piscine e fontane conducono alla parte settentrionale, sicuramente la più bella, la zona residenziale dove gli ospiti passavano le giornate tra giardini e terme. La vita dell’isola era subordinata alla vita nella Villa. Tutto ciò che è stato costruito nell’isola allora doveva servire agli ospiti della villa. In estate le guide possono accompagnare gruppi di almeno 7 persone per una visita sull’isola di Ventotene e al carcere di Santo Stefano. Mentre durante l’inverno visite individuali sono sempre garantite. Il costo per persona è anche il biglietto d’entrata nei siti archeologici. (di Benedetta Argentieri)